Influenza B: sintomi, cause e trattamenti efficaci
Dagli anni ’80, circolano nel mondo due varianti del virus influenzale di tipo B. Questi due ceppi presentano differenze significative nella loro struttura, che impediscono la protezione incrociata: in pratica, l’immunità contro un ceppo non protegge anche contro l’altro. Questo rende difficile prevedere quale dei due ceppi sarà predominante ogni anno. Per questo motivo, il vaccino quadrivalente, che offre protezione contro entrambi i ceppi di influenza B, rappresenta uno strumento fondamentale per ridurre il rischio di contagio e limitare l'impatto della malattia.
Il virus dell’influenza cambia continuamente attraverso mutazioni genetiche, che modificano le proteine sulla sua superficie: queste sono chiamate Emoagglutinina e Neuraminidasi (da cui derivano le sigle H e N). Tali proteine sono i punti su cui agiscono i nostri anticorpi per riconoscere e attaccare il virus. Tuttavia, cambiando forma così spesso, il virus riesce a infettare anche persone che hanno già sviluppato l’immunità verso altri ceppi. Grazie a queste rapide mutazioni, il virus può inoltre diventare resistente a farmaci che prima sembravano essere efficaci.
La gravità di un'epidemia dipende dalla combinazione di quanto un virus è letale e quanto riesce a diffondersi. Questi due fattori sono condizionati dal tipo di virus influenzale che causa l'infezione: A, B o C. Tra i tre, il tipo A è senza dubbio il più pericoloso. Esistono ben 16 sottotipi di questo virus, che mutano in continuazione a una velocità molto più alta rispetto ai virus di tipo B e C. Questa rapidità nel mutare fa sì che il tipo A si diffonda molto più facilmente.
Il virus dell'influenza di tipo B (IFB) è caratterizzato da due principali varianti, conosciute come lignaggi Victoria e Yamagata. Sebbene queste due varianti presentino differenze genetiche, entrambe causano la stessa malattia. È importante sottolineare che, sebbene l'influenza B e l'influenza A siano entrambe malattie respiratorie, presentano differenze significative nella loro struttura genetica e nei sintomi che provocano, con l'influenza A generalmente più comune e talvolta più virulenta.
Analogamente, le epidemie di influenza B si verificano in tutto il mondo, e i bambini piccoli tendono a manifestare sintomi più gravi rispetto agli adulti. In generale, l'influenza B provoca malattie dell’apparato respiratorio da lievi a moderate nei bambini sani. Tuttavia, in alcuni casi, soprattutto nei bambini con malattie croniche o un sistema immunitario debole, può essere più grave.

Il virus dell'influenza B (IBV), appartenente alla famiglia Orthomyxoviridae, è un patogeno umano che provoca infezioni delle vie respiratorie di intensità variabile. A differenza dell'influenza A, che può infettare anche altre specie animali, l'influenza B si trasmette esclusivamente tra esseri umani.
Sebbene colpisca principalmente durante le epidemie stagionali, la gravità della malattia può variare, e in alcuni casi può comportare complicazioni significative, soprattutto in gruppi vulnerabili come anziani e persone con una patologia cronica o un sistema immunitario compromesso.
Il virus dell'influenza si trasmette principalmente attraverso le goccioline rilasciate durante starnuti, colpi di tosse o mentre si parla, in particolare in un ambiente chiuso e affollato. Inoltre il virus, può essere trasmesso tramite contatto diretto con persone infette o toccandosi il viso (naso o occhi) con mani contaminate. Oggetti e superfici su cui il virus può sopravvivere per un certo periodo di tempo rappresentano un ulteriore rischio di trasmissione, permettendo a questo di entrare nell’organismo attraverso le mucose.
Il periodo di incubazione dell'influenza stagionale è solitamente compreso tra 1 e 4 giorni, con una media di 2 giorni, un intervallo tipico per ogni stagione influenzale. Il contagio può avvenire già un giorno prima della comparsa dei sintomi negli adulti, i quali restano contagiosi fino a circa 5 giorni dopo l'inizio della malattia. Nei bambini, tuttavia, la durata del periodo di contagio può essere più lunga, richiedendo in alcuni casi il supporto di un pediatra.
Infatti, l'influenza B, che può colpire tutte le categorie indistintamente, tende a manifestarsi in forma più grave nei pazienti pediatrici, con frequenti complicanze respiratorie e gastrointestinali. In alcuni casi, l'influenza B è stata associata anche a encefalite.
Sebbene l'incidenza dell'influenza sia generalmente inferiore tra gli anziani, i tassi di ricovero e mortalità associati all'infezione sono significativamente più elevati in questa fascia di età. In effetti, la maggior parte dei decessi legati all'influenza si verifica tra le persone di 65 anni o più, a causa delle complicazioni che l'influenza può provocare quando c'è una risposta immunitaria ridotta.
Identificata nel 1940, l’influenza B causava epidemie ogni 2-4 anni con alti tassi di visite mediche e ricoveri. Con l’emergere di un secondo ceppo nel 1983 e l’aumento della mobilità umana, la diffusione dell’influenza B è diventata più ampia e complessa.
Considerate queste differenze, è plausibile che i virus dell’influenza A e B presentino variazioni nella manifestazione clinica, nella sintomatologia, nei fattori di rischio e nel loro impatto complessivo. Queste distinzioni potrebbero influenzare le strategie di vaccinazione e le misure di prevenzione da adottare.
Nell'influenza B, sintomi come mialgia, mal di gola e raucedine risultano più comuni rispetto allo stato influenzale di tipo A, mentre la rinorrea è meno frequente. Certamente, le manifestazioni cliniche possono variare in base all'età. Vari studi, pur non rilevando differenze sostanziali tra i sintomi delle due forme di influenza, hanno evidenziato variazioni significative per fasce d'età: i bambini più grandi (7-13 anni) presentano più spesso sintomi come mal di gola, mal di testa e mialgia, mentre l'otite media è meno frequente rispetto ai bambini più piccoli (3-6 anni e sotto i 3 anni).
Inoltre, la durata dei sintomi nell'influenza B può variare notevolmente, da 2-3 giorni fino a 9-11 giorni.
I seguenti sintomi sono stati altresì valutati come possibili indicatori di infezione da influenza:
febbre;
tosse secca o grassa;
mal di testa persistente;
mal di gola intenso;
mialgia (dolori muscolari o articolari);
congestione nasale;
stanchezza generale o sensazione di malessere;
perdita di appetito.
In conclusione, le malattie respiratorie acute rappresentano una delle principali cause di consulto medico per persone di tutte le età, ma spesso la causa specifica non è facilmente identificabile. Questo accade perché, per molte infezioni virali del tratto respiratorio, conoscere il virus preciso non cambia il trattamento da somministrare. Tuttavia, nel caso dell'influenza, esiste una terapia antivirale specifica, che si è arricchita con l'introduzione dei nuovi inibitori della Neuraminidasi. Questi farmaci agiscono inibendo un enzima chiave per la diffusione del virus nell’organismo, rendendo quindi ancora più fondamentale il riconoscimento precoce dell’infezione per garantire un trattamento tempestivo ed efficace.
L'uso di tecniche di sorveglianza, unito alla valutazione di sintomi come febbre e tosse, può sicuramente migliorare l'accuratezza della diagnosi clinica dell'influenza da parte del medico.
Infine, nei lattanti, l’influenza non si manifesta solo con sintomi respiratori, ma spesso si accompagna anche a nausea, vomito, diarrea e convulsioni. Negli anziani, invece, può causare disturbi come debolezza e confusione, aumentando il rischio di complicazioni gravi. Tra queste, le più comuni e pericolose sono polmonite, encefalite e meningite.
In molti casi, l'influenza si risolve spontaneamente senza necessità di una cura specifica.
Si raccomanda di rimanere a casa, stare a riposo, mantenere una buona idratazione e seguire un'alimentazione varia ed equilibrata. Per il sollievo dei sintomi influenzali, si possono assumere farmaci da banco, come analgesici e antinfiammatori, che alleviano il dolore e gestiscono i sintomi influenzali e le infiammazioni. Gli antibiotici, invece, sono indicati solo per trattare infezioni batteriche secondarie, in quanto non hanno effetto sui virus, compreso quello influenzale, e devono essere prescritti esclusivamente dal medico.
Prevenzione
La vaccinazione rappresenta il metodo più efficace per prevenire e controllare la diffusione dei virus influenzali. Ogni anno, infatti, vengono sviluppati vaccini specifici utili per la prevenzione e la protezione contro l'influenza stagionale.
La vaccinazione antinfluenzale, gratuita presso i medici di base e i centri vaccinali, è raccomandata a tutta la popolazione generale, ma in particolare per le seguenti categorie:
over 65 con o senza problematiche di salute;
persone a contatto con anziani (caregiver);
persone con patologie come diabete, ipertensione, HIV/AIDS, asma, malattie cardiache o polmonari;
donne in gravidanza (secondo e terzo trimestre) e bambini dai 6 mesi ai 6 anni;
operatori sanitari che lavorano in ospedale, RSA o in condizioni di lavoro rischiose.
Attualmente, oltre alla profilassi tramite vaccini, è possibile intervenire sul decorso dell’influenza con farmaci antivirali, particolarmente consigliati per le categorie a rischio. Questi trattamenti agiscono sui virus influenzali in modo più efficace se somministrati entro 36 ore dall'esposizione al virus.
Esistono due principali classi di antivirali: i bloccanti M2 e gli inibitori della Neuraminidasi. I bloccanti M2, assunti per via orale, sono generalmente ben tollerati, ma risultano efficaci esclusivamente contro i virus di tipo A e tendono a sviluppare resistenza rapidamente. Al contrario, gli inibitori della Neuraminidasi sono indicati per entrambi i tipi di virus influenzale, A e B. Questi ultimi, oltre a presentare un buon profilo di tollerabilità, offrono un minor rischio di resistenza e sono preferibili per un trattamento efficace e duraturo.
Fondamentali sono anche le misure di protezione personale per ridurre la diffusione dell’influenza. In particolare:
lavare frequentemente e accuratamente le mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi;
restare a casa se si hanno sintomi influenzali o raffreddore;
evitare il contatto diretto con persone ammalate;
coprire le vie respiratorie con un fazzoletto (preferibilmente monouso) quando si tossisce o starnutisce;
smaltire correttamente i fazzoletti usati;
ventilare regolarmente gli ambienti chiusi;
evitare di toccarsi il viso per favorire il passaggio del virus dalle superfici al corpo.
Adottare queste semplici precauzioni può contribuire a limitare il rischio di trasmissione del virus, proteggendo sia se stessi che le persone più vulnerabili e mantenendo sani gli spazi condivisi.